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POLIZIA PENITENZIARIA: SUICIDIO DI UN SOVRINTENDENTE A SECONDIGLIANO, UN DRAMMA CHE CHIAMA TUTTI ALLA RESPONSABILITÀ

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Napoli, 27 giugno – In tarda mattinata, un Sovrintendente della Polizia 

Penitenziaria, 58 anni, in servizio presso la Casa Circondariale di 

Napoli Secondigliano, ha tragicamente posto fine alla propria vita 

all’interno del parcheggio dell’Istituto. Secondo quanto trapelato, si 

sarebbe tolto la vita utilizzando l’arma d’ordinanza.

Con questo ennesimo dramma salgono a tre gli appartenenti al Corpo che, 

dall’inizio dell’anno, hanno compiuto l’estremo gesto. Il dato si 

aggiunge a quello già allarmante relativo ai suicidi tra la popolazione 

detenuta – 36 solo nel 2025 – dipingendo un quadro sempre più gravemente 

compromesso della realtà carceraria italiana.

«Non possiamo ignorare il contesto in cui maturano tragedie come 

questa», dichiara il Segretario Generale del Si.N.A.P.Pe, Dott. Roberto 

Santini. «Con oltre 16.000 detenuti in esubero e circa 18.000 unità di 

personale mancanti, gli operatori sono sottoposti a carichi di lavoro 

insostenibili, con turni che si protraggono anche per 24-26 ore 

consecutive, mentre il lavoro straordinario spesso non viene retribuito, 

o viene remunerato meno del dovuto. È una condizione che rasenta il 

caporalato di Stato».

«Sappiamo bene – prosegue Santini – che un gesto così drammatico nasce 

da una molteplicità di fattori: psicologici, biologici, sociali. Ma è 

evidente che il contesto lavorativo carcerario ha un impatto diretto e 

devastante sul benessere psico-fisico degli operatori. Le carceri sono 

diventate luoghi di violenza sistemica, omicidi, risse, atti 

autolesionistici, aggressioni. Un ambiente simile genera una pericolosa 

assuefazione ai gesti estremi, come se la morte, dentro quelle mura, 

avesse ormai perso la sua inaccettabilità».

«Non servono a nulla i supporti psicologici postumi – conclude Santini – 

se non si interviene alla radice del problema, restituendo dignità, 

sicurezza e umanità al lavoro penitenziario. Le carceri devono tornare a 

essere luoghi di legalità, non di disperazione. Oggi, però, ogni 

riflessione lascia spazio al cordoglio più profondo: ci stringiamo con 

rispetto e commozione attorno alla famiglia del collega scomparso, 

condividendo il dolore di quanti gli hanno voluto bene».