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Violenza sulle donne, Meloni: “Sarò definita razzista ma l’incidenza maggiore è da persone immigrate”

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La premier a Donna Moderna: “Chiaramente, quando non hai niente, si produce una degenerazione che può portare da ogni parte”

DOMANDA: Dall’inizio dell’anno a oggi, secondo il Ministero dell’Interno, sono stati registrati più di 90 femminicidi. Arriveremo per la fine dell’anno ai soliti 100 o supereremo la soglia dei 100. Ci sono le leggi, aumentano le denunce, eppure questa strage non si ferma. Cosa possiamo fare di più? Cosa si può fare di piùLe norme non mancano, gli strumenti non mancano, le risorse mancano sempre, ma comunque dedichiamo delle risorse a questa materia. Forse il dibattito non è sufficiente, nel senso che io trovo che molto spesso di questa materia si parli anche accettando lo scontro ideologico, su una materia sulla quale invece non ha proprio senso né dividersi né cercare il buono e il cattivo. E’ una di quelle materie sulle quali bisogna tutti, indipendentemente da età, dove si vive, partito politico, sedersi intorno a un tavolo e interrogarsi, e forse questo noi non lo stiamo facendo abbastanza. Nel senso che, ripeto, io mi sono molto interrogata, non credo di avere le risposte a questa domanda, però ci sono degli elementi che secondo me dobbiamo considerare.

Abbiamo parlato moltissimo del film di Paola Cortellesi. A me è piaciuto molto il film di Paola Cortellesi. E’ un film che racconta un tempo nel quale la violenza contro la donna, cioè la sopraffazione della donna, era quasi accettata nella società. Noi in teoria non viviamo più in un tempo del genere, oggi non è accettato, eppure lei ricordava che il numero dei femminicidi rimane sostanzialmente immutato. E’ come se una volta la violenza sulle donne fosse legata di più a una, come posso dire, degenerazione dell’idea di essere superiori, che gli uomini avevano, e oggi invece fosse più legata a una debolezza.

Prima in qualche maniera era socialmente anche accettato, oggi le donne non lo accettano. E allora c’è una evoluzione della motivazione che noi dobbiamo studiare, capire, e penso che su questo anche il ruolo delle giovani generazioni e quello che sta accadendo ai giovani è qualcosa su cui ci dobbiamo molto interrogare.

Se noi non capiamo un fenomeno che nonostante l’evoluzione della società rimane immutato, non capiamo le ragioni per cui questo sta accadendo, temo che non riusciremo a essere neanche così efficaci nella soluzione alla base della questione, che non sarà mai nelle leggi e nelle risorse, sarà sempre solo se riusciamo a lavorare sulla dimensione culturale di questo fenomeno. Ho delle domande, non ho delle risposte, l’unica risposta che ho e penso che sia davvero una di quelle questioni sulle quali chiunque ha qualcosa da dire deve poterlo dire, perché se noi ci chiudiamo dietro gli stereotipi, le divisioni, no questo è sbagliato, no questo è giusto, temo che non faremo mai il lavoro di approfondimento necessario ad affrontarlo in modo serio.

DOMANDA: Si dice che il lavoro rende libere, in effetti è vero che tante storie di violenza nascono all’interno delle mura domestiche, le donne che sanno di essere all’interno di rapporti maltrattanti e che non possono uscire perché sono dipendenti economicamente dell’America, perché appunto non lavorano. Che cosa sta facendo e cosa può fare di più il governo per promuovere il lavoro femminile, garantendo anche pari trattamento dal punto di vista economico e di carriera per uomini e donne?RISPOSTA: Guardi che cosa il governo ha fatto per aumentare l’occupazione femminile, perché è vero che noi siamo fanalino di coda, vero è che stiamo vivendo in questo momento anche il massimo dell’occupazione femminile mai registrato dall’Unità d’Italia oggi.

Abbiamo finalmente sfondato il tetto dei 10 milioni di lavoratrici, sono in gran parte contratti stabili a tempo indeterminato, è un tema sul quale mi sono molto dedicata. Io penso che questa sia la chiave della parità, la vera chiave della parità è nella tua possibilità di scegliere e di realizzarti. E non sempre ci si è lavorato nel modo adeguato.

Abbiamo lavorato tantissimo sugli incentivi all’assunzione femminile, la deduzione del costo del lavoro per esempio è più alta se si assumono donne, particolarmente nelle regioni del Mezzogiorno abbiamo destinato oltre 3 miliardi di euro per l’assunzione soprattutto delle donne, a tempo indeterminato, il dato interessante è che la gran parte dei contratti che aumentano sono i contratti a tempo indeterminato, i contratti stabili. Io penso che chiaramente ci sia anche un lavoro da fare che riguarda invece le donne che scelgono di non lavorare, le faccio un esempio che può essere considerata una stupidaggine, ma un passaggio culturale non irrilevante. Noi abbiamo adesso da fare tutta la revisione delle tax expenditures, così definite, e tra queste c’è anche la detrazione per il coniuge a carico.

Io penso che le risorse della detrazione del coniuge a carico quando c’è un coniuge a carico non debbano andare al coniuge che lavora, ma al coniuge a carico. Una cosa proprio banale nel senso che non cambia la vita di nessuno, però è un messaggio, non un principio, è il non dipendere. Quindi ci sono anche delle piccole cose che si possono fare, ma noi abbiamo lavorato anche per esempio per quello che riguarda rendere strutturale il reddito di libertà, invece il reddito che riguarda le donne che sono propriamente vittime di violenza.

Quindi c’è un lavoro che si fa a 360 gradi particolarmente per incentivare le donne ad avere un lavoro, ad avere una carriera, a poter dimostrare il loro valore. Io non ho mai pensato che la soluzione ideale fossero quote da tutte le parti, io penso che la soluzione ideale sia rimuovere i condizionamenti e i limiti che non consentono alle persone di dimostrare il loro lavoro, poter competere ad armi pari. Le donne hanno avuto una difficoltà a competere ad armi pari, lo sappiamo perché per mille problemi, questo riguarda anche il tema dei figli, cioè il dover scegliere tra mettere al mondo un bambino e poter avere una carriera, è un’altra materia sulla quale questo governo ha concentrato il grosso del suo lavoro, le madri lavoratrici, cioè a dire vera libertà se io non sono costretto a scegliere, per esempio tra essere madre e poter avere una carriera.

Io lo posso fare più facilmente perché sono un lavoratore privilegiato, tanti non lo possono fare, allora abbiamo lavorato tantissimo su questo, sull’aumento degli asili nido già scritto nel PNRR, sulle risorse che ti consentono di non pagare l’asili nido per il secondo figlio, sull’aumento dell’assegno unico, sulla decontribuzione delle mamme lavoratrici, che sono tutti benefici che per una madre lavoratrice possono arrivare fino a oltre 5 mila euro di vantaggio l’anno, e penso che anche questo sia molto importante, il congedo parentale, ricordo che noi abbiamo aumentato di 3 mesi il congedo parentale retribuito all’80%.

DOMANDA: I dati ci dicono che una donna su 5 lascia il lavoro all’arrivo del primo figlio, cosa si può fare di più per le madri lavoratrici? Oltre agli asili nido hai bonus per le mamme, quindi aiuti economici, ma anche a livello di congedo di paternità, perché i figli sono delle madri ma anche dei padri, quindi è giusto che i carichi vengano equamente condivisi da entrambi i genitori, e vanno responsabilizzati anche gli uomini.

RISPOSTA: Non sono mai convinta che l’obbligo sia la soluzione, io sono sempre convinta che la libera scelta sia una soluzione, non è un caso che noi abbiamo lavorato sul congedo parentale, il congedo parentale retribuito all’80% vale per la madre e per il padre, credo che all’interno del nucleo familiare ci si debba autodeterminare.

Non sono mai stata convinta e non sono convinta che queste soluzioni si possano trovare in uno schema di contrapposizione, dobbiamo cercare uno schema di condivisione, ma chiaramente le opportunità devono essere le stesse, quello su cui abbiamo lavorato noi, non abbiamo lavorato sul congedo di maternità, abbiamo lavorato sul congedo parentale. Una madre che decide di prendersi un mese per curarsi del figlio, prima veniva retribuita al 30% e quindi madre o padre che fosse, molti non lo potevano fare perché con i salari che abbiamo oggi il 30% della retribuzione per molti non è sufficiente.

DOMANDA: E’ un problema culturale, gli uomini si vergognano ancora in Italia di prendere il congedo parentale.

RISPOSTA: Su questo sono d’accordo ed è qualcosa su cui bisogna lavorare, però non so quanto lo possiamo risolvere con un obbligo, nel senso che il congedo parentale come lo abbiamo ampliato noi è un congedo parentale che si utilizza fino al sesto anno di vita del bambino, quindi non è il congedo di maternità, l’allattamento, quello che noi conosciamo, è un congedo che consente alla famiglia di organizzarsi perché non si smette di essere genitori dopo i primi mesi di vita del figlio, per cui magari un bambino sa mala, magari c’è un problema, per cui è un congedo che si prende a condizione necessaria, se noi lo mettessimo obbligatorio e potremmo aumentarlo di quanto? 10 giorni? Un mese? Non avrebbe lo stesso impatto, culturalmente sì, però secondo me ha più senso se noi su questo lavoriamo, sul piano culturale perché ci può dare una risposta che può essere ugualmente utile, senza però comprimere quello che stiamo dando alle famiglie, perché 3 mesi sono 3 mesi, se noi aumentassimo di 10 giorni sì, forse per combattere il tema culturale, ma tra i 10 giorni di obbligo del padre e i 3 mesi che ciascuno dei due genitori può prendere, probabilmente le famiglie scelgono il secondo, perché c’è molto più tempo per organizzarsi, c’è molta più efficacia poi nell’organizzazione della famiglia, però sicuramente sul tema culturale questa è una battaglia che mi interessa, non so se nelle vostre 25 proposte ce n’è una e me la studiamo.

DOMANDA: Ancora, molte donne non denunciano a causa della vittimizzazione secondaria, ovvero perché temono di non essere credute o di essere giudicate male. Spesso questo accade anche nelle questure e nelle aule di tribunale. Quanto è importante e cosa si può fare di più per la formazione di magistrati, forze dell’ordine che trattano casi di violenza?

RISPOSTA: È molto importante perché chiaramente è una dimensione molto particolare quella della quale parliamo, c’è un tema di paura, c’è un tema di vergogna, è una sfera estremamente intima, è molto difficile capire come una persona reagisce o può reagire, e quindi ci vuole per forza una formazione che sia specifica. L’abbiamo previsto, per esempio, per quello che riguarda i magistrati, nella legge che abbiamo fatto c’è una specializzazione che riguarda i magistrati, anche sulle forze dell’ordine bisogna fare, che poi sono il primo contatto, bisogna fare dei passi sicuramente in avanti, così come li facciamo nelle scuole, cioè è un tema sul quale la formazione va fatta a 360 gradi, ma anche qui sono stati fatti dei fondamentali passi in avanti.

DOMANDA: Il femminicidio è la deriva estrema di atti violenti, e la violenza si può esprimere in tanti modi, anche attraverso il catcalling, attraverso le molestie per strada. Le donne oggi, soprattutto nelle grandi città, hanno paura di girare da sole. Che interventi mettere in campo per migliorare, per rendere più sicure quando escono la sera, per esempio?

RISPOSTA: Guardi, io vengo accusata ogni giorno di aver introdotto troppi nuovi reati, il tema della sicurezza è un tema che è sempre più evidente. Noi abbiamo dato dei segnali molto importanti, anche il trattamento delle forze dell’ordine, ma la condizione nella quale lavori fa la differenza. Per combattere l’insicurezza dilagante nelle nostre città c’è il tema del contrasto all’immigrazione illegale di massa, perché adesso verrò definita razzista, ma c’è un’incidenza maggiore, purtroppo, nei casi di violenza sessuale, da parte di persone immigrate, soprattutto illegalmente, perché, chiaramente, quando non hai niente, si produce una degenerazione che può portare da ogni parte. Abbiamo visto anche questo, e quindi anche il contrasto all’immigrazione illegale di massa è un elemento di questo fenomeno. C’è un lavoro qui che è soprattutto securitario, qui la dimensione culturale c’entra di meno. Bisogna garantire la presenza delle forze dell’ordine, garantire che ci siano i reati, garantire che quando qualcuno commette un reato, siano paghi per quel reato, che è un altro tema che in Italia abbiamo, e c’è un tema di contrasto all’immigrazione illegale di massa che incide, che, come lei sa, è una delle materie su cui il governo si spende di più.

DOMANDA: I centri anti-violenza svolgono un importantissimo ruolo per accogliere e soccorrere le vittime di violenza. Purtroppo, però, delle volte non bastano le risorse per poterle accompagnare in tutto il percorso di autonomia, per affrancarsi in situazioni di maltrattamenti, di abusi, di uomini maltrattanti. E questo percorso rimane a metà. E questo perché i fondi pubblici non sono sufficienti o spesso arrivano e vengono erogati con tempi lunghissimi. E quali interventi può fare il governo per mettere in disposizione maggiori risorse per questi centri?

RISPOSTA: Abbiamo quasi raddoppiato le risorse già dalla prima legge finanziaria che abbiamo fatto. Per il piano anti-violenza e quindi anche per i centri anti-violenza. Chiaramente sappiamo, dicevo in apertura, che le risorse in Italia non bastano mai. E quindi cercheremo di fare degli sforzi ulteriori. Mi pare anche che siano risorse ben spese. Sul numero anti-violenza abbiamo fatto un’importante campagna, tutti quanti insieme, anche di informazione e di formazione, sta dando dei suoi risultati. Perché ci sono numeri che fanno capire che sono risorse ben spese, che è energia ben spesa.

Poi certo, speriamo di riuscire a fare sempre più compatibilmente con una situazione che in Italia facile non è, ma sicuramente è una delle questioni sulle quali il Governo ha cercato di dare dei segnali di attenzione decisa. Sul tema delle tempistiche, lì è un po’ più complesso per me, perché le risorse, come si sa, sono gestite dalle regioni. Purtroppo accade che ci siano anche situazioni abbastanza diverse tra loro in termini di burocrazia, in termini di tempistica. Noi possiamo fare su quello soprattutto moral suasion, e poi siamo soprattutto quelli che le risorse le devono mettere e cercare di lavorare insieme alle regioni per fare delle normative che siano un po’ più armonizzate e vedere dove è possibile anche lavorare per semplificare.

DOMANDA: La roadmap contro le violenze che abbiamo realizzato nel corso dei mesi, con l’aiuto e il supporto di un team di esperti, si propone di cambiare la cultura che genera la violenza attraverso 25 proposte concrete. Se almeno una di queste proposte venisse raccolta, accolta dal Governo con un’azione concreta, per noi sarebbe già un grandissimo traguardo.

RISPOSTA: Io sono una persona sempre molto interessata al contributo che può dare la società civile, non ho mai pensato che la politica potesse avere da sola le risposte a tutte le domande. Devi avere la capacità di ascoltare e il buon senso per scegliere cosa sì e cosa no, chiaramente secondo una visione, secondo le convinzioni che si hanno, secondo anche il proprio punto di vista. Però, come ti dicevo in apertura, questo è veramente uno di quei temi su cui io vedo tante polemiche veramente inutili e sono contenta quando si riesce a lavorare insieme, penso che si debba lavorare insieme e quindi il lavoro che voi avete fatto, cercando di mettere insieme livelli diversi, ambiti diversi, su una materia che è, dicevamo, in apertura molto molto complessa. Io non credo che noi abbiamo ancora tutte le risposte al perché, no? E allora dobbiamo continuare a cercarle, ma se non parliamo, se non pensiamo, se non ragioniamo, se non approfondiamo, non ci arriveremo mai.

 fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo 

RISPOSTA: “Chiaramente è un tema sul quale mi sono molto interrogata. Come lei ricorda molto bene, l’Italia ha una legislazione molto importante su questa materia, legislazione alla quale tra l’altro ha contribuito anche questo Governo, con un’ultima legge che è stata approvata un anno fa all’unanimità delle forze politiche, una delle poche cose che siamo riusciti ad approvare all’unanimità. Io penso che la sfida rimanga sia soprattutto una sfida di carattere culturale.