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Roma – Piazza San Pietro “HABEMUS PAPAM” Leone XIV

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di Fausto ZILLI

Alle 18.07 si leva fumo bianco dal comignolo sulla Sistina: è l’annuncio dell’elezione del nuovo Papa, nel secondo giorno di votazioni, al quarto scrutinio. Robert Francis Prevost è il nuovo Papa che ha scelto il nome di Leone XIV.


Il cardinale è stato eletto 267esimo Pontefice della Chiesa cattolica, succedendo a Jorge Mario Bergoglio. È lui l’uomo scelto dal conclave in Vaticano per raccogliere l’eredità di Papa Francesco e guidare il Cristianesimo nei prossimi anni. Affacciatosi dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro, si è presentato ad una folla di oltre 40 mila persone accorse in Piazza, impartendo la tradizionale benedizione Urbi et Orbi, il suo primo gesto ufficiale come guida della Chiesa cattolica, in uno scenario pregno di emozione fede gioia gratitudine, “ LA PACE SIA CON TUTTI VOI, questo è il primo saluto del Cristo Risorto il buon pastore che ha dato la vita per il gregge di Dio, anch’io vorrei che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore, raggiungesse le vostre famiglie tutti i popoli , tutta la terra, la Pace sia con Voi, una pace disarmata umile e perseverante, proviene da Dio il quale ci ama Tutti” . Queste le prime parole di Papa Leone XIV.

piazza san pietro angelus folla 1

Chi è Robert Francis Prevost
Nato a Chicago 69 anni fa, Robert Francis Prevost – per tutti “padre Bob” – è un cardinale statunitense dalle radici profondamente cattoliche e dal profilo internazionale. Cresciuto in una famiglia di immigrati di origine europea, ha respirato sin da giovane la vita ecclesiale: ha una laurea in matematica, il padre era catechista, la madre – abile cuoca – accoglieva spesso sacerdoti e vescovi a pranzo nella loro casa dell’Illinois. Nonostante il passaporto statunitense – tradizionalmente considerato un freno per i “papabili” – Prevost ha entrasse nel vostro cuoreconquistato un posto di primo piano nel panorama ecclesiastico grazie alla sua lunga e intensa esperienza missionaria in America Latina, che lo ha reso una figura di sintesi tra Nord e Sud del mondo. Nel 1977 entra nel noviziato dell’Ordine di Sant’Agostino a Saint Louis. Quattro anni più tardi emette i voti solenni e inizia il percorso accademico alla Catholic Theological Union di Chicago, dove si diploma in teologia. È ordinato sacerdote nel 1982, per poi ottenere la licenza canonica nel 1984. Dopo l’esperienza iniziale a Chicago, la sua ascesa è rapida: nel 1999 viene eletto priore della comunità locale e due anni dopo il Capitolo dell’Ordine lo elegge Priore generale. Ma la svolta arriva nel 2014, quando Papa Francesco lo nomina amministratore apostolico della diocesi di Chiclayo, in Perù.

L’esperienza in Perù
La missione in Perù segna profondamente la sua visione pastorale. Chiamato a guidare una diocesi povera e problematica, Prevost si immerge nella realtà locale, imparando a vedere il mondo da un’altra prospettiva, persino all’interno della Chiesa. Dal 2018 al 2020 è vicepresidente della Conferenza episcopale peruviana e, nello stesso anno, viene nominato amministratore apostolico della diocesi di Callao. Una carriera che lo porta a conoscere a fondo le dinamiche sociali ed ecclesiali del Sud globale, e ad affrontare tematiche cruciali come il fenomeno migratorio e il crescente divario economico tra Nord e Sud del mondo.

Il legame con Papa Francesco
Il rapporto tra Prevost e Papa Francesco si costruisce nel tempo, grazie anche alla mediazione del cardinale peruviano gesuita Pedro Barreto. Proprio Francesco, riconoscendone l’attitudine pastorale e lo spirito di servizio, lo nomina nel 2023 cardinale e prefetto del Dicastero per i Vescovi – uno degli snodi decisivi nella governance ecclesiale, da cui passano centinaia di nomine episcopali. È da quella fucina di nuovi pastori che emerge il suo stile: meno giudiziario, più empatico, attento alle ferite del popolo di Dio. Il suo lavoro in curia è stato sempre in linea con la riforma bergogliana. Nel 2023 si ritrova anche al centro di un momento delicato del cammino sinodale, lavorando fianco a fianco con il cardinale Parolin per risolvere il contenzioso tra il Vaticano e la Chiesa tedesca. In quella circostanza dimostra abilità diplomatica e capacità di mediazione, opponendosi all’ipotesi di un comitato sinodale autonomo tedesco.

Un carattere riservato, ma fermo
Chi lo conosce bene racconta di un uomo apparentemente timido, cordiale nei modi ma determinato nelle scelte. Un “pugno di ferro in un guanto di velluto”, come si dice in curia. Il suo stile mite non ha impedito che si imponesse come uno dei principali promotori della linea riformista di Francesco, diventando negli anni una delle figure più autorevoli e rispettate nel governo centrale della Chiesa.

Un Papa “latino” più che americano
Nel 2023, quando viene creato cardinale e nominato presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, il suo profilo si consolida definitivamente come quello di un uomo di sintesi: statunitense di nascita, ma profondamente radicato nella cultura e nelle sofferenze dell’America Latina. Per questo, più che un “yankee”, è percepito da molti come un “latino” al servizio della Chiesa universale. Una figura che potrebbe garantire continuità con la visione di Bergoglio, rappresentando quella “Chiesa in uscita” capace di parlare con entrambe le Americhe.